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DICHIARAZIONE DI POETICA (ITA/ENG)

​

 

Dipingo per esigenza, da sempre.

Non l’ho mai fatto per hobby

o per un piacere che si esaurisse sul momento.

Nel corso degli anni la mia poetica si è arricchita,

e continuerà a farlo, ma non è mai mutata

nella sua sostanza più profonda.

L’arte rappresenta per me quell’inesauribile ricerca del Vero

che si agita in ogni uomo.

 

Nei fenomeni visibili la mia tensione è rendere l’invisibile;

le raffigurazioni della natura

divengono quindi soglie, attraversamenti,

contemplazioni di vita interiore: paesaggi simbolici dell’anima

dove il significante gioca continuamente con il significato.

 

Una pittura di evocazione, che non vuole descrivere o narrare,

ma che quando raramente lo fa lascia sempre brani di indeterminatezza,

di apertura al fruitore.

Una pittura figlia di questo tempo

ma memore dell’esperienza dei classici,

del gioco di sapienza liminare dei fiamminghi,

dei bagliori romantici come della bidimensionalità dell’estremo oriente

e di molto altro ancora.

 

E’ rarissimo che in una mia opera manchi una sciabolata di luce

pronta a rischiarare le tenebre.

Del pari, l’acqua e il mare sono elementi molto importanti,

significando purificazione, rinascita, energia vitale.

Il colore che prediligo è il blu nelle sue varianti,

retaggio forse di lontane ascendenze nordiche,

ma non mancano colpi di colore sfumato,

caldo e avvolgente.

 

Con le figure umane che, solenni e remote,

a volte accompagnano i miei luoghi vesto una sorta di identificazione,

permettendo allo spettatore di fare la medesima cosa:

osserviamo attraverso i loro occhi che ci portano dentro l’opera stessa.

 

Anche la pratica della rappresentazione

delle valenze fisiognomiche di un volto,

che in modo limitativo chiamiamo “ritratto”

- chiunque sia la persona presa in esame -

non è avulsa rispetto al paesaggio:

dentro gli sguardi ritrovo quegli stessi luoghi di riflessione,

gioia, passione o solitudine e molto altro…

Ritrovo inoltre le linee-forza,

ascensioni e discese, pieni e vuoti,

mentre inseguo la coerenza dell’immagine,

in sé e percepita, unita (in taluni casi) alla somiglianza.

 

L’interpretazione ultima di ogni opera

- che ha per me un significato ben preciso,

perché è nata in un momento determinato -

e di tali figure, siano esse riconoscibili o meno,

è lasciata alla sensibilità individuale.

Per me sono pellegrini in transito

nell’esperienza terrena.

 

 

 

Daniela Montanari

 

 

 

MY POETIC STATEMENT

 

I have always been painting to fulfill a need: I have never done it as a hobby or to reach a pleasure that blows over”.

Over the years my poetic has been enriched, and will keep on doing so, but it never changed in its deepest essence. Art is to me that never ending search for the Truth that lies in every man. In visible phenomena I tend to show the invisible; my representations of nature thus become symbolic landscapes of the human soul, contemplations of an inner life. It is extremely hard, indeed, to find one of my works lacking a blaze of light, ready to clear up darkness. Similarly, water and sea are very important elements, meaning purification, rebirth, vital energy. The colour that I prefer is blue, in all its variations, perhaps a legacy from my Nordic origins, but strokes of softening, warm and enveloping colours are present as well.
As for human figures, who sometimes, solemn and remote, appear on my landscapes, I tend to identify with them, and let the viewer do the same: we watch through their eyes which lead us inside the work itself.

The practice of portrait, too, isn’t fully separated from the painting of a landscape: in the human looks of my portraits I find the same places of meditation, joy, passion and solitude I perceive in landscapes; I find the same strength lines, the same ascensions and descents of lines and curves and the same solid forms and voids, while I chase the image consistency, in itself and perceived, sometimes combined to resemblance.

The final interpretation of each work and of each portrayed figure, being it recognizable or not- which to me has a clearly defined meaning, since it was created in a precise moment- is left to the viewer’s individual sensitivity.

“I consider them as pilgrims walking through their earthly experience.

 

Daniela Montanari

 

 

PENSIERI SULL'ARTE

 

MAGGIO 2003
- Più che la descrizione è importante l'evocazione; il vago e l'indefinito lasciano spazio alla fantasia e al sogno e non li uccidono tra geometria, leggi e spazi precisi.

- Troppo spesso si tenta di supplire con la forma alla mancanza di contenuto. Dipingere gioiosamente, a volte anche faticosamente, ma senza affettazione.

- Quello che mi interessa non è cercare il realismo esteriore delle cose, le ombre e i riflessi realistici, ma il loro senso. E cantarne il mistero, per quanto mi è possibile.

- L'ispirazione è un qualcosa che trascende completamente chiunque faccia arte. All'artista non resta che nutrirsi perché l'ispirazione possa farsi non solo sentire, ma anche -soprattutto- concretizzarsi in forme, colori, suoni che possano poi “aiutare” anche gli altri -i fruitori- a godere delle loro sottili meraviglie. È fondamentale rispettare e nutrire la propria mente, ma soprattutto il proprio spirito, che è la corsia preferenziale per giungere al cuore del fruitore e non sfruttarlo, ma renderlo partecipe. Ogni artista si nutre poi di altri artisti, che siano pittori, scultori, musicisti, scrittori, giardinieri, ma si nutre anche dell'arte della quotidianità, di chi non ha un dono artistico particolare (se non li divora, ma ne condivide il viaggio).

 

GIUGNO 2003
- Nei ritratti cerco di rendere, oltre alla somiglianza quando serve, soprattutto la personalità attraverso l'espressione e l'espressività degli occhi (grande, unico e vero punto d'unione tra interno ed esterno), che curo particolarmente non solo nei reali particolari, ma anche in quegli espedienti tecnici che permettono di riprodurre uno sguardo intenso e vivo che catalizza l'attenzione, che dà vita.

- I personaggi raffigurati per intero nelle mie opere sono, invece, spesso di spalle; non sono uomini o donne, ma l’umanità, archetipi resi immortali fermando un momento unico ed eterno.

 

ESTATE 2003
- Non mi interessa e non serve alla mia ricerca rendere la natura e gli oggetti nella fatale rassomiglianza. Ho bisogno, anzi, di una sorta di sintesi; di riproporre sulla tela non una fotografia o fotocopia dell'immagine, ma l'essenza, l'anima dei soggetti, il loro sentire - che spesso è universalmente condivisibile - ed il loro senso ultimo. Sono una tensione ed una ricerca continue, perché non c'è nessuno che dica fino a che punto arrivare nel "definire" pittoricamente (Leonardo docet). È tutto da inventare e ricostruire, sperando di trasmettere al fruitore questo processo e non l'idea della superficialità dell’inesattezza.

- Il vero non è quello che noi vediamo ad una prima occhiata: il vero-vero, il vero reale, è davvero un mondo celato dietro al manifesto che siamo abituati a “leggere” distrattamente; e questo lo sappiamo...

Se il vero-vero va molto al di là dell'apparenza, anche l'opera d'arte, quando si sforza di raccontare il "vero" dovrebbe rappresentare non l'apparenza, ma la sostanza: la potenza creatrice "nascosta" nella natura come l'intensità di uno sguardo che ha in sé stagioni su stagioni di esperienze di vita; solo così l'opera “riprodurrà” il vero, come diceva Schelling.

 

INVERNO 2003
Disegnare, dipingere è il mio modo di dire la "verità". È un partecipare al “moto” dell'universo osservandolo ed interiorizzandolo. Altri, da questa osservazione ricavano poesia, musica, sculture, pensieri. Io disegno e dipingo.

PRIMAVERA 2004
- Non ho mai cercato di riprodurre la realtà com'è, ma l'impressione che suscita in me, la suggestione che la realtà mi provoca, il suo canto o il suo urlo. Questo può far sì, per esempio, che per rendere un sole al tramonto ne esasperi il “grido” sugli alberi, il mare, i monti. Ma questo lo sapeva molto bene, e ben prima di me, anche Munch!

- Il variare delle stagioni, dei giorni, delle ore, ognuna con la propria identità è una continua festa di corrispondenze!

 

ESTATE 2004
- Capita che, anche per lunghi periodi, si sappia che si tenda a qualcosa, ma non si sa a cosa.
C'è un'attesa, ora, in me, che fa sì che si renda necessario il togliere elementi e fare spazio perché entri... per ora niente di materiale: spazio, ampiezza, aria e luce.

- La mia pittura non è materica, ma... fortemente bidimensionale! Non voglio invadere lo “spazio reale”, ma rimanere in quello “onirico”. E' vero che tendo a raggiungere comunque un'impressione fisica di dilatazione spaziale, ma lo spazio ricercato è mentale e spirituale.
Per questo non c'è posto (ancora, forse mai, chissà) per sporgenze, rilievi, “tridimensionalismi”.

 

1° APRILE 2005
Le stagioni sono l'immagine tangibile dello scorrere del tempo. Ne portano i segni la natura come l'uomo, ognuno a suo modo e secondo il proprio ordine delle cose.

 

AGOSTO 2006
In agosto-settembre dello scorso anno ho disegnato alcuni ritratti nuovi di Greta Garbo per la rassegna “Sedicicorto”. Non sapevo che sarebbe nata lì la mia innovazione per il ritratto; o meglio: che allora avrei trovato la chiave per entrare in stanze nuove, in nuovi giardini.
Mi ero sempre chiesta perché per me ritratti e paesaggi fossero un tutt'uno, mentre all'apparenza necessitassero di essere “unificati”.
Ho intuito, nel 2005, alcune cose se ho proceduto a realizzare due ritratti (“La donna del mare” e “Riflessione”) con un'innovativa disposizione dello spazio, che è venuta come da sé: l'immagine non è più circoscritta, ma tende ad esondare dai confini del foglio, come se fosse un paesaggio infinito, focalizzando così l'attenzione solo su alcuni punti della figura (occhi in particolare, bocca, …).

Ora, ad agosto 2006, ho avuto più chiaro che il ritratto io lo intendo come un paesaggio (e il paesaggio come un ritratto), esattamente allo stesso modo, tirandogli fuori l'anima (per quanto mi è possibile) e accogliendone gli andamenti. Le linee-forza di un volto, di un fianco o di un braccio, di una montagna o di una valle; gli occhi come il sole o la luna, le rughe di espressione come letti di torrenti, le capigliature come le fronde di un bosco... Tutto va “letto” come se fosse un luogo (quale è: un luogo dell'anima, che ospita un'anima nel suo pellegrinaggio terreno nel caso delle figure) con i suoi andamenti "paesaggistici".
Questo è un "suggerimento" che sto ascoltando e portando avanti nei ritratti, ancora per “Sedicicorto”, di Louise Brooks.

 

22.02.2009
Ogni scrittura, da sempre, è “archigrafica” o “calligrafica”: il primo termine richiama l'antico, lo “scavare”, è il lavoro dello scalpello, quindi si rifà alle tre dimensioni, all'epigrafia classica, al “togliere”.
Il secondo, invece, al segno, a volte sottile altre no, che lascia una penna, un pennino, il pennello: è un “aggiungere” bidimensionale.
Lavorare per sottrazione in pittura non è semplice, dal momento che l'atto stesso del dipingere è quello di aggiungere. E' un ossimoro!

 

27.02.2011
Negli anni mi è sempre rimasto in mente che il grandissimo maestro Renoir, costretto tra atroci dolori in sedia a rotelle per un'artrite deformante e legandosi i pennelli alle dita, disse che l'arte è espressione di “gioia di vivere” e di che per lui dipingere era solo gioia.
Concordo, ma per me, che sento profondamente il gusto, l'ottimismo, l'entusiasmo, la gratitudine e la grande gioia del vivere, al contempo sento che mi è impossibile non partecipare anche alle angosce del mondo, come persona e come artista, e lo vedo attraverso alcune mie opere. Con questa gioia nel profondo, penso che il “lavoro” dell'artista sia un privilegio da mantenere anche faticosamente: ogni volta si ricomincia mettendo sulla tavolozza il colore, scegliendo il medium giusto, calcolando e patteggiando tra idea e stesura.
Il pittore è anche una paziente ape operaia, che prima di partire prepara il suo terreno ed i suoi compagni di viaggio. Mi viene da pensare: "beato" lo scrittore che, ovunque, anche mentre è in treno, bus, aereo, se ispirato, può “buttare giù” non solo un'idea, un bozzetto, ma un “corpo”, un esecutivo valendosi già del definitivo e senza preparazione della strumentazione (se non la lingua - e non è poco! - da conoscere, affinare e “piegare” a proprio vantaggio): anche il pittore deve fare la stessa cosa, ma deve in più anche accordarsi continuamente con gli strumenti tecnici che servono per raggiungere il fine; l'arte pittorica è davvero anche una scienza: i colori mescolati impropriamente possono dare luogo a gravi alterazioni nella loro composizione.

 

28.02.2011
Ogni nuova opera è un mondo appassionante da costruire e da vivere, tentando sempre più di raggiungere una "perfezione" che è la perfezione per quella specifica opera.
Capita che si faccia molta fatica, a volte riesce bene a volte meno, a volte proprio no, ma l'importante è tendervi. Tutto ciò, però, senza togliere freschezza, o meglio la passione dell'inizio, dell'ispirazione iniziale. Accade anche, a volte, che invece l'opera nasca come per miracolo, in un guizzo, in "un'ora benedetta" come disse il grande pittore Friedrich; un guizzo da seguire e perseguire con umiltà, perseveranza, cura e tanto entusiasmo.

 

02.03.2011
Da ieri sera nevica fortissimo: tutto è meravigliosamente bianco. Sono le 13 e continua imperterrito!
Ho realizzato uno dei più bei notturni che mai abbia dipinto (modestamente!): la figura era già stata da me disegnata sotto, il cielo era già color stagno (verdastro). Ovviamente la figura era già asciutta da tempo. Sopra: bruno trasparente+blu di Prussia+grigio di Payne per l'atmosfera notturna. Tocchi con giallo di Napoli rossastro e giallo di Napoli per le lumeggiature.

 

08.06.2011
Io non dipingo “semplicemente” quadri, ma LUOGHI dove abito per tutto il tempo in cui nascono e crescono.  Azzardava Hesse: “Io non dipingo, creo valori”... Non mi permetterei, ma... tendo a questo!

Poetica del varco, della soglia.

 

23.07.2011
Il lavoro del pittore è fatto di studio, pazienza e discernimento (quest'ultimo non lo si impara a scuola di pittura, è un viaggio che bisogna pur iniziare...).

 

Novembre 2013

... Sarà perché la rovina è base dell'estetica del Sublime, che tanta parte ha nel mio operare artistico; sará perché, come diceva Chateaubriand, ogni essere umano è segretamente attratto dalle rovine; sará perché esse sono la forma vivente di un passato esso stesso ancora vivo; sará perché  aveva ragione Simmel, quando diceva che appena l'uomo lascia la mano la natura riprende il sopravvento; oppure perché l'incompiutezza della rovina in realtà porta con sé, in essenziale, tutto ciò che conta... Sarà perché, in fondo, ogni essere umano nella sua essenza fisica e mentale ad un certo punto ne condivide il destino, ma... le rovine hanno grandissimo fascino! Quando poi sono toccate ancora dalla bellezza (come diceva la Shelley), per esempio quando fiori e profumi ricoprono "le ossa desolate", la suggestione aumenta e ci viene insegnata una nuova, toccante armonia, che sia magnificenza o incanto.

 

Giugno 2014

IL TEMPO RISCATTATO!

Il Tempo ci comprime. 
Spesso “non c'è tempo” per fare ciò che si vorrebbe fare. Il passato è certo, ma è passato; il futuro è incerto... Spesso siamo come spinti a vivere il tempo della lentezza, della precisione, della scelta, della riflessione, quasi come tempo rubato al “fare”, al produrre in quantità.

Il Tempo degli antichi greci, Chronos, divorava addirittura i suoi figli.
Quindi??

Deve accadere un fatto.
Un fatto tangibile che riscatti il tempo e le circostanze.
Questo Fatto è avvenuto, nel tempo e nella storia. L'Eterno è entrato nel tempo finito e lo ha umanizzato, lo ha reso lieto, lo ha orientato.
Il nostro orologio è diventato così una bussola.
Possiamo vivere anche nel deserto, in una terra assolata e senz'acqua, immagine della vita come "difficile mestiere di vivere" (C. Pavese); ma noi, che abbiamo avuto la grazia di poter accogliere questo Fatto, abbiamo la certezza che il nostro tempo è il tempo giusto per noi, che le nostre gioie sono un dono gratuito e non dovuto e che la nostra eventuale fatica -che spesso non ci è tolta- è accolta, riscattata, liberata e recuperata già da ora!

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